Il lampadario in cristallo: il 24% di piombo per una luminosità che richiami il diamante

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L’origine del vetro è antichissima e tuttora misteriosa. Fenici ed Egiziani si contesero per secoli il primato di averne scoperta la fabbricazione. Secondo un racconto di Plinio il vetro fu scoperto accidentalmente intorno al 5000 a.c. da alcuni mercanti fenici che tornando dall’Egitto con un grosso carico di “natron” (ns. carbonato di soda), si fermarono una sera sulle rive del fiume Belus in Siria per riposare. Non avendo pietre a disposizione su cui collocare gli utensili per la preparazione delle vivande, presero alcuni blocchi di “natron” e vi accesero accanto il fuoco che continuò poi a bruciare per tutta la notte. Al mattino i mercanti videro con stupore che, al posto della sabbia del fiume e del natron v’era una materia sconosciuta, lucente e diafana. I Fenici intuirono immediatamente l’importanza della scoperta e organizzarono nelle loro città di Tiro e Sidone un’industria che iniziò la produzione dei più svariati oggetti con il nuovo fulgido materiale: il vetro.
Anche gli Egiziani si appropriarono della nuova scoperta: nei loro sepolcri, costruiti 4.000 anni A.C. , sono stati rinvenuti amuleti e oggetti plasmati con il vetro. Gli stessi Etruschi si servirono del vetro per costruire vasi di diverse dimensioni: bottiglie, anfore e boccette per profumi spesso finemente lavorate.
I romani dettero un contributo decisivo allo sviluppo dell’industria vetraria. Intorno al 100 a.C. misero a punto la produzione per il soffiaggio dentro stampi incrementando così la possibile gamma dei manufatti, tra cui le bottiglie dalle forme geometriche, dette appunto ‘romane’, che diventeranno modello per i successivi contenitori di vetro. Durante l’impero romano, il vetro conobbe un periodo di grande diffusione che culminò con una produzione di raffinatissima qualità. Cicerone scrisse ‘…Ben povero si deve considerare chi non possiede una casa tappezzata con placche di vetro’. Con la caduta dell’impero romano, il baricentro della cultura tornò a spostarsi in oriente.
Nel medioevo a Venezia si conservò ed affinò l’arte vetraria che vi aveva avuto inizio verso il X secolo, grazie ai frequentissimi contatti con la città di Bisanzio la quale rimase per lungo tempo un centro per la produzione del prezioso minerale. Da qui la nuova arte si diffuse in tutta l’Europa, sopratutto in Boemia

Ma che differenza passa tra vetro e cristallo? Perché un vetro possa diventare cristallo deve contenere almeno il 24 per cento di piombo. Entrambi sono materiali che si ottengono, come detto, attraverso un processo di fusione e successivo raffreddamento di miscele di silicati, tra cui quarzo, e altre sostanze, come l’anidride borica e l’anidride fosforica, dette appunto “vetrificanti”. Al piombo. La differenza principale tra vetro e cristallo è costituita dalla presenza in quest’ultimo dell’ossido di piombo, che fa sì che la densità, e quindi l’indice di rifrazione, aumentino notevolmente, accrescendo la brillantezza e avvicinando le proprietà ottiche del cristallo a quelle del diamante. Solo i vetri che ne contengono almeno il 24% in peso diventano cristalli. L’ossido di piombo, inoltre, aumenta la resistenza del materiale, permettendo di fabbricare oggetti molto più sottili di quelli in vetro.

Per realizzare il Cristallo occorre un forno che raggiunga la temperatura di circa 1400 gradi costanti e un insieme di sostanze composta da sabbia silicea, carbonato di sodio, nitrato di potassio, carbonato di calcio, ossido di piombo, acido borico, anidride arseniosa e ossido di antimonio. Se si vuole ottenere del Cristallo colorato allora si aggiunge anche un po’ di selenio per il rosa, cadmio per il rosso, cobalto per il blu, ossido di rame per il verde; l’ossido di manganese dà un bel viola intenso, l’oro di trasforma in rosso rubino, la criolite in bianco latte, le resine di zolfo e cadmio diventano color dell’ambra mentre l’uranato si sodio dà il verde opaco. Non sufficiente però mescolare queste sostanze per ottenere un buon cristallo al 24 per cento di piombo, a colle ci sono voluti anni e anni di sperimentazione per poter ottenere, dopo il vetro sonoro ed il cristallino, un prodotto limpido e luminoso al pari dei manufatti di altre rinomate zone d’Europa, infatti, il cristallo non é una semplice ricetta chimica. Questa da sola non spiega il mistero della trasformazione della massa incandescente in un fragile oggetto trasparente e luminoso, che si ottiene una volta lavorata e passata attraverso le varie fasi della produzione, in cui vi é un solo protagonista, il maestro vetraio che con il suo sapiente intervento é capace di trasformare la materia grezza in un calice, una brocca o un vaso dalle forme più varie. La procedura artigianale é uguale ancora oggi a quella messa in atto dai vetrai di cento anni fa, anche se alcune figure sono state sostituite da piccoli macchinari.

La realizzazione del cristallo al piombo risale al 1700 e da allora fu sempre apprezzato per la sua straordinaria bellezza. Nei secoli scorsi il cristallo divenne simbolo di ricchezza, infatti,era presente solo nelle dimore più suntuose e aristocratiche, specie nella veste di lamapdari di cristallo. Ai nostri giorni anche se il suo utilizzo è molto più diffuso, é rimasto inalterato il mito del suo antico fascino, grazie alla lucentezza che solo il cristallo può avere e che fa sì che  i lampadari di cristallo dei grandi nomi dell’arte vetraia diventino autentiche opere d’arte.

Infine: quali le carattersitiche di un cristallo DOC e di altissima qualità? Be’, oltre il 30% di ossido di piombo, anzitutto, una molatura di precisione, una lucentezza ineccepibile e uno spettro di colori ad alta intensità sono gli elementi base per il miglior cristallo che in tal modo si avvicina alle proprietà ottiche del diamante,  dando quindi l’effetto di grande brillantezza tipico del vetro al piombo.

 

(Nell’immagine in alto un lampadario in cristallo Swarovski)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

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